QUANDO IL PROBLEMATICO, IN REALTÀ, NON LO È
Il Paziente Designato. La teoria dei sistemi, si presta per essere utilizzata per studiare la famiglia come un insieme e superare l’incongruenza di analizzare un oggetto collettivo, con criteri metodologici individualistici.
L’attenzione si sposta, dunque, dall’individualità alle relazioni che legano gli elementi del sistema. Considerando la famiglia come un sistema, si accentua la natura circolare delle relazioni che caratterizzano la vita del gruppo familiare.
All’interno di queste relazioni interpersonali, ogni comportamento individuale influenza e resta influenzato dal comportamento degli altri.
Se tali relazioni all’interno della famiglia risultano essere disfunzionali, ciò che generalmente convince ogni singolo membro della famiglia stessa a sottoporsi alla psicoterapia, sono esclusivamente a causa dei i sintomi di colui che viene presentato come problematico, il quale risulta essere stato indicato quale “paziente designato”.
Il paziente designato nella Psicoterapia Sistemico Relazionale
Il paziente designato è il termine usato nella Terapia Sistemica per descrivere quella persona, che in una famiglia disturbata, viene scelta dai componenti in modo inconsapevole, perché svolga con il suo “disturbo” una funzione utile per il mantenimento dell’identità e dell’equilibrio della famiglia stessa.
Questi può servire, per esempio, per concentrare su di sé tutte le preoccupazioni, in modo da distogliere l’attenzione dai conflitti interni del nucleo familiare.
Il paziente designato, dunque, non è altro che colui che assume su di sé l’intera sofferenza della sua famiglia, con un tentativo estremo di mantenerne l’unità.
Per comprendere ciò che ha prodotto il sintomo in un figlio (o componente della famiglia), è essenziale procedere all’osservazione dell’intero gruppo famiglia, dando particolare valore al tipo di interazioni che si creano tra i vari membri del sistema.
All’interno del sistema familiare, le tensioni vengono gestite attraverso alleanze, coalizioni e triangolazioni tra due o più membri del gruppo.
- Coalizione: quando il conflitto coniugale è esplicito, può accadere che un genitore si coalizzi con il figlio contro l’altro genitore. Questa è la struttura più comune che si trova all’interno delle famiglie. Generalmente il figlio si allea al genitore che percepisce come più debole e dunque vittima del partner.
- Triangolazione: ciascun genitore esige che il figlio parteggi per lui contro l’altro.Il figlio si trova così in una situazione di “paralisi” comportamentale, non può scegliere perché parteggiare per un genitore comporterebbe inevitabilmente attaccare l’altro e quindi rischiare di perdere il suo amore.
- Deviazione: attraverso questa modalità di transazione relazionale le tensioni tra i coniugi vengono deviate verso il figlio. Questo permette di mantenere un’apparente armonia coniugale mentre i genitori sono impegnati a gestire i comportamenti problematici del figlio.
Il paziente designato e i suoi comportamenti disfunzionali, hanno una duplice e ambivalente funzione:
- l’espressione dei sintomi psicopatologici è una richiesta di aiuto per sé e per la propria famiglia. Come effetto secondario l’espressione del sintomo di uno, porta alla luce il problema più generale del gruppo di cui fa parte.
- l’espressione del sintomo in un solo membro del gruppo, permette allo stesso tempo di nascondere i conflitti relazionali presenti tra gli altri membri, concentrando quindi l’attenzione su colui che è considerato il portatore del problema.
La psicoterapia familiare ha come obiettivo primario, il ristrutturare i rapporti all’interno della famiglia.
Questo permettere ai conflitti latenti di emergere e quindi poter trovare finalmente una loro soluzione.
Il soggetto “paziente designato”, a questo punto non avendo più la necessità di proteggere la stabilità della propria famiglia, può ritrovare la personale libertà sottomessa in virtù del sacrificio, permettendogli quindi di agire in autonomia, spogliandosi pertanto del sintomo psicologico.
Bibliografia: SELVINI, BOSCOLO, CECCHIN, PRATA (1975), Paradosso e controparadosso CARRARA Michela (2005) Io, birichino ma non per caso